giovedì 10 dicembre 2009

Zenone di Cizio


E ricordo come fosse ieri il solito racconto. Un cane legato ad un carro. Il cane ha due possibilità: seguire armoniosamente la marcia del carro o resisterle. La strada da percorrere sarà la stessa in entrambi i casi; ma se ci si adegua all'andatura del carro, il tragitto sarà armonioso. Se, al contrario, si oppone resistenza, la nostra andatura sarà tortuosa, poiché saremo trascinati dal carro contro la nostra volontà. Ora ho capito che cazzo volevano dire pagine e pagine di etica e di falsi moralismi stoici. Ora sono riuscito e delineare secoli e secoli di un vocabolo svuotato del suo originario, quanto cruento significante. Stoico. Tre momenti. Nessuna gobba, neanche un ruggito e nemmeno un dente da latte. Cane, Carro e Corda. Il cane che è stato convinto di poter vivere solo due vite, quella del servile animale domestico e quella dell'illuso ribelle. Il carro che crede di decidere dove portare tutto il resto, ma vive sempre la stessa vita, gli stessi solchi logori di strada, lungo il medesimo tragitto. Un percorso per sua natura, circolare. E infine l'ultima casta, la Corda. Legata al carro, ma che stringe il suo cappio intorno al collo del cane il quale si crede ancora libero di scegliere. La Corda per non strisciare nel fango deve rimanere tesa e strozzare, sfinire il Cane, la Corda non si spezzerà mai e rimarrà sempre legata. Il sistema lo impone, quando un0 sta nel primo mondo, ci rimane, importa poco cosa succeda nel terzo. E allora lo Stoicismo dov'è? E' un'invenzione della Corda, apprezzata dal Carro e poi resa bandiera dal Cane. Tutto tradotto in armonia fra le classi, serenità fra ruoli. Molti provano sentimenti di pietà verso la vita del Cane, ma è patetico perchè non proverebbero a toccare neanche con un fibra del proprio corpo la strada. E una Corda, non diventerà mai Cane. Ognuno nel proprio mondo, ognuno con le sue non-scelte. I ruoli vanno rispettati sempre. Il Carro è il più curioso in fondo, è convinto di avere tutto davanti agli occhi, quando invece si perde un mondo dietro.

sabato 14 novembre 2009

La Prima Donna


L'unica anomalia che la società capitalistica tollera ancora è la donna
Non so come incominciare, non so se condividere la voce di Pasolini, perchè le donne mi fanno paura. Ecco che si avvicinano, ecco che abbracciano un ideale, ecco che apprezzano. Tina apprezza ancora, non facile da ammazzare, fa parte di quella gente che mi fa paura, ma non parlo di donne. Un'adolescente che prima di andare a casa deve camminare per un viale alberato ma al posto degli arbusti trova dei coetanei impiccati. Li guarda in faccia uno per uno. Non piange, non ha paura. Gli uomini hanno paura, le donne come lei no. C'è chi ha paura della paura stessa (cit), ma io ho paura delle parole di un massone. E' troppo semplice piangere davanti alla morte, Tina ha visto compagni uccisi, amiche torturate. Faceva la staffetta. Sono passati anni e anni, ha insegnato, da una donna, madre te lo aspetti. Ha allevato italiani, ma quello che colpisce di una madre non è quando partorisce ma quando ammonisce, spesso apprezzi quando percuote la coscienza della prole. E arrivo alla parte della storia che mi piace. Tina Anselmi ha combattuto Licio Gelli. La prima donna ministro, sconvolgente. Certi figli cattivi andavano messi in mano ad una madre. Forse degli errori sono stati fatti, forse non pochi errori sono stati fatti. Ma mi metto nei panni di una puttana come l'italia. Prima veniamo violentati, però dopo pagati. Allora funziona così, mettiamo fine alla guerra e poi boom economico. Fa sorridere, come se Planck andasse a cena un bracciante lucano, non volevamo un sistema, ma una volta che arriva Planck non gli diamo una sedia? Divago. Tina, ha cacciato a colazione i fascisti, ha accolto i massoni americani a pranzo come risposta, si è accorta che non avevamo invitato nessuno, ma la tavolata era troppo corta per rifiutare. La cena è pronta, tutto preparato ma i ragazzi sono in punizione e gli adulti mangiano i camera. Il Progetto è a posto. Siamo Democratici e purtroppo siamo Rinati, vallo a dire ad una madre. Volevo finire con qualche frase ad effetto sulla paura, ma Roosvelt stona con Tina. L'america sempre la solita storia. C'è sempre chi ha un muro da dipingere, a chi basta uno spazio piccolo, a chi serve qualcosa di enorme e poi c'è l'america che ha carta da parati per tutti. Ma io non ce l'ho con Tina,una donna sola che ha tenuto testa a così tanti uomini, di questi tempi fa tenerezza. Una donna con le palle di questi tempi fa sorridere.

martedì 29 settembre 2009

L'anatra di Langerhans

Un giorno in provincia di Macerata una anatra sofferente di una rara forma di incontinenza decise di derubare il genere umano del proprio pancreas. Decise di puntare sulle ghiandole impari del corpo anche perchè adorava i racconti di Gogol e perchè poi è una di quelle anatre perennemente annoiate e poco propense al lavoro manuale. Un altro motivo spingeva l'anatra a compiere questo atto ma adesso non posso svelarvelo. Comprò un automobile abbastanza piccola e abbastanza fruibile per un'anatra e incominciò a girare da sola per il mondo a caccia di isole. Ci mise più di 4 mesi ma riuscì a riempire tutta il suo bilocale di pancreas e di venderne anche qualcuno su Ebay. Molti dei miei lettori (1) si chiederanno cosa spinga un'anatra a dedicare la propria vita alla chirurgia dell'addome, molti altri lettori (nessuno) si chiederanno come faccia un'anatra a tenere in mano un bisturi, la minor parte pensa ancora al motivo primo anitrale! Beh, se lo dicessi il racconto terminerebbe troppo presto, per questo motivo devo continuare a scrivere cose senza senso e allungare il periodo, potrei parlare di Langerhans ma alla fine trovo più simpatico parlare di altri vertebrati. Un'anatra per quanto pennuta sia, è animale buono. Un'anatra in un mondo così cattivo, pensa alla felicità. Un'anatra, in un mondo così cattivo, ha capito che in fondo per cambiare il genere umano basta controllare la sua glicemia, perchè ci sarà più di pancreas in solitudine, ma la gente finalmente vivrà nella dolcezza. Nella propria dolcezza.

domenica 16 agosto 2009

Il Cappellaio Matto.

"Prima l'esecuzione, poi il verdetto." L. Carroll

E allora seguendo il consiglio di Lewis vi dico subito come va a finire questa storia. Al protagonista viene tagliata la testa. L'attesa è stata creata dopo, anche un pizzico di pressione sul lettore è stata inventata più tardi, lo stesso colpo di scena per far riprendere i più annoiati è arrivato dopo, come del resto il socialismo o il comunismo. Bene, ora passiamo al verdetto. Babeuf, Gracco Babeuf è stato forse il primo matto di tutti i tempi, c'era gente d'anni dopo l'avvento del mio protagonista che non si faceva aiutare neanche durante l'incoronazione [vedi Napoleone], lui invece, già dalla più tenera età si cingeva da solo il capo con enormi cappelli, cappelli mastodontici. Ma molti si chiedono, perchè un tizio con un bel cappello doveva essere decapitato? Beh, semplice Gracco Babeuf era un protocomunista. Lui, in realtà non sapeva neanche cosa significasse comunismo, visto che l'aveva inventato inconsciamente. Non era lungimirante, non era un veggente o un ribelle da quattro soldi, era solo completamente matto. Credeva che la proprieta privata fosse una piaga e che tutti dovessero vivere con gli stessi diritti e doveri, insomma da come avete più che ben capito un folle con i contro fiocchi. Istituì un gruppo di folli a cui diede il nome di eguali, vista l'esigue fantasia incominciò a chiedere in giro un bel soprannome, arrivò anche a farsi chiamare "Tissot".

«Ma io non voglio andare fra i matti», osservò Alice.
«Be', non hai altra scelta», disse il Gatto «Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.»
«Come lo sai che sono matta?» disse Alice.
«Per forza,» disse il Gatto: «altrimenti non saresti venuta qui.»


Non si parla del cappellaio matto nei libri di storia, è finito in un libro di fantasia di uno scrittore accusato di pedofilia. Sono tutti dannatamente attaccati al Bianconiglio, al tizio che corre più veloce degli altri, come nell'atletica, dove nessuno si sofferma sull'eleganza della marcia, esistono solo i cento metri piani. E in fin dei conti meglio seguire Napoleone che è più eguale degli altri.

domenica 9 agosto 2009

Il Cocciuto

Tutto incomincia a nord dell'Anatolia, nella terra del Ponto, in quelle terre meravigliose affacciate sul mar Nero. Il Ponto era retto dal Re Mitridate, audace condottiero prototurco, addirittura soprannominato il Grande. Su Mitridate sono stati scritti drammi, canzoni e copiose falsità. Questa è la verosimile storia del pontico per eccellenza. Mitridate è stato forse il primo testardo della storia del tempo e dello spazio. Mitridate non aveva donne, cibo, elefanti o automobili alla moda, aveva una sola passione: dichiarare guerra a Roma. Guardava oltre il mare del Ponto e pensava all'arrivo a Roma nelle spire della gloria, sognava di dormire con il tevere, pensava di parlare con Enea o addirittura di essere immune ai veleni di questo mondo più che fisico. Non c'era momento propizio per non dichiarare una non-guerra a Roma. Ogni istante era buono per attaccare una milizia imbattibile. Non c'era minuto che Mitridate non pensasse di usare per combattere Roma. E dopo la prima, la seconda e anche la terza cocente perdita, non mancava di riprovarci, di ritentare. Ci sono solo fallimenti migliori. Ci sono gioie, ma non servono per diventare perfetti. Ci sono guerre, ci sono sconfitte e Mitridate pensava solo a quelle. All'elmo scalfito, alla cicatrice, i segni indelebili della perfezione, dell'infinito. Mitridate è un modello da seguire, è la sconfitta fatta uomo. Mitridate aveva inteso che battendo Roma lui sarebbe finito, non in quanto uomo, ma in quanto figura. Il Mitridate-sostanza doveva perdere per esistere. Arrivato a Roma si sarebbe fermato è questo non sarebbe stato corretto verso il Mitridare-forma. Mitridate si rese conto che le vittorie non esistono, le certezze non superano i Dardanelli. Le sconfitte sono la vera sorgente, dove abbeverarsi. Si dice che Pompeo l'abbia trovato morto, pugnalato mentre i membri della sua famiglia erano rimasti avvelenati. Che fine ha fatto Mitridate? E' all'inferno. Ma è felice di poter dichiarare guerra al Paradiso.

domenica 2 agosto 2009

L'arcidiavolo.

L'arcidiavolo spesso all'inferno, si dilettava nel navigare su siti di commercio virtuale, quando tempo fa nell'era del cancro scovò fra le varie offerte globali una Ritmo Cabrio Diesel da 1.714 cc con pochi km all'attivo. Visto che l'auto non poteva essere spedita in un sito afisico, dovette vestirsi da uomo, per scendere sulla terra, abiti come Guittone d'Arezzo o Brunetto Latini erano fin troppo antiquati per la nostra epoca così optò per un completo sportivo come quello di Cristiano Cristiani, anche per sviare qualsiasi dubbioso fedele. Premetto che il racconto è spinto, ma indignarsi non è un diritto e nè un dovere, il lottare per una fede è violenza, accettare un idea è amore, è un clima sereno per nuvole timide. L'arcidiavolo vestito, prese il primo volo per la terra e si fiondò sulla sua nuova macchina. Aprì la portiera ma vide subito che mancavano tutti i sedili, si voltò verso il furbo venditore e chiese:"Ma i sedili?". Il venditore rispose:"Io vendo macchine mica accessori". Il diavolo incominciò a sorridere e riprese:"Ma io sono il Diavolo". Il venditore:"E io sono Dio!". Allora l'arcidiavolo fece un passo indietro, si svestì e mostrò zoccoli, occhiaie, gomito da tennista e tutto quelli che si addice ad un buon angelo antico. Il venditore si appoggiò al suo veicolo e riprese:"Senta, ci sono shintoisti e testimoni di geova che hanno fatto molto meno per una Marea Station Wagon, non credo a questi travestimenti. Mo', secondo il suo modesto parere, Satana viene a comprare da me un ritmo cabrio?" Satana risponde sconsolato:"C'è crisi".

venerdì 24 luglio 2009

Il Controdolore di un Palazzinaro.

Stupefacente. Non rimanere fermi al moto empedocleo dell'amore che rimuove l'odio, del riso che ruba il posto al dolore, Palazzeschi dice che non c'è cosa più vigliacca che andare incontro al pericolo. Effettivamente non c'è cosa più superficiale che abbandonare un binomio e abbracciare un monomero. Coraggioso è sorseggiare del thè con il dubbio. E il controdolore? Non è il piacere, non c'entra D'annunzio, ma non ci soffermiamo sul superficiale nondolore. E' una presa di posizione, non un bieco atto imposto. Palazzeschi mi sta cambiando. In peggio, ma non in un nonmeglio. In un contromeglio. Mero Futurismo? No, non c'entra. Belle iniziative, ma scarsi risultati. Mi definisco Palazzesco o al massimo palazzinaro.

Sganasciata sia la mobilia della vostra casa; sedie, letti, tavolini che cadono, che si rovesciano, che s'infrangono. Quando le vostre scarpe sono nuove pensatele e vedetele vecchie e rotte, per carità non cercate di vederle in buono stato quando saranno sfasciate: voi sarete perduti. Sganasciate, sdrucite mentalmente il mobilio della vostra casa, rompete mentalmente le vostre scarpe, i vostri abiti. Prevedete fra i vostri figli un gobbo, o sappiate vedere uno storpio nel vostro figlio più sano, una vecchia bagascia rauca in una giovinetta dalla voce d'usignolo. Approfondite, approfondite sempre; fissate la vecchiaia.

E aggiungo una citazione che mi sta fottendo il cervello:"Scortecciate,Scortecciate e scoverete la felicità". Palazzeschi esalta il riso come ragione e fine unico di una vita veloce e sola, di una sola vita e veloce. Io ho paura di parlare di questi argomenti per adesso provo a scortecciare nel mio essere Controarbusto e non nonarbusto.

domenica 5 luglio 2009

Lettera ad un Nonno mai nato.

Caro Nonno,
Juve in B. Non sapevo come dirtelo, allora ho cercato di essere diretto e conciso, purtroppo la juve è in B. Tu dirai è finito il mondo, ma penso solo che si stia consumando. Ma consumando male, perchè un nonno qualunque muore bene, contento, appagato e pieno di vita vissuta. Sto mondo è un nonno malato. Tu sei stato un bel nonno, io ho toppato come nipote. Speravi da buon nonno che vivessi "adagio" ma non funziona, altri standard. Seriamente, altri standard. Non è più la domenica pomeriggio a guardare le partite. Ormai il moto gp e gli altri giorni della settimana si sono presi la nostra innocenza. E' quel lunedì che ho sempre odiato, che si è fottuto la domenica mattina. La domenica mattina è l'unica cosa sacra che mi era rimasta, ma è stata stuprata anche lei. Seriamente, altri standard. Non è più la chiacchierata postpartita. Non è più il lamentarsi del caldo, ora ci sono i condizionatori. Non è cosa. E tieniti tu la domenica sera, seriamente prenditela, non lasciarla a me, la userei male. Mi hai insegnato ad accettare il violento, a disegnarlo. Mi hai insegnato ad exprimere e io l'ho imparato male e mi scuso per questo. Mi sento una merda con una matita in mano. Per questo la smetto. Accetto altri Standard. Seriamente, Altri Standard. Forse un giorno, ovviamente non infrasettimanale, ci rivedremo. Tu non mi riconoscerai, ma ci vedremo. Io ti riconoscerò e non ti dirò nulla, mi darai questa domenica sera. Mi darai una pacca sulla spalla e tratterremo le risate. Ho progettato tutto, ora sta a te decidere quando nascere. La juve è morta. In serie B la vecchia signora è diventata nonna. Mi spiace.

venerdì 19 giugno 2009

Clostridium Botulinum.

L'autore di Uinni de Pu non è Walt. E' uno vecchio e solitario scrittore inglese di cui non voglio dire il nome. Lo scrittore aveva un figlio, Christopher Robin. Proprio come il libro. Ma la cosa veramente curiosa sta nella vita reale dei due "artisti". Dietro l'incredibile successo dei libri, dietro la sorprendente giocosità e innocenza dell'orsetto, c'è una storia di violenza e tristezza. L'autore orgoglioso del proprio figlio decise di porlo nel suo meraviglioso racconto. Dopo un'infanzia postnatale più che tranquilla, il povero Chris fece i conti con la vita. Solo e deriso dai compagni per le storie sull'orsetto, tentò la fuga nell'esercito, in cui divenne ufficiale per i meriti letterari del padre, provò a cambiare nome, vita, voltare pagina, chiudere un capitolo triste, eliminare un paragrafo, crtl+alt+canc e Termina Processo. Ma Nulla, si sposò con una cugina di primo grado, aprì una biblioteca, ma tanti bambini "normali" volevano un pezzo di Christopher Robin. Morì odiato dalla madre e lontano dall'amore del padre. Una vita tragica, senza una vita di fuga da un bosco di merda, ma ancora non ho spiegato il motivo del racconto. E' stato accertato che il miele rappresenta uno dei più importanti reservoir di spore di Cl. botulinum e che quindi la principale causa di botulismo infantile. E' addirittura sconsigliato dar del miele ai neonati! L'orsetto doveva uccidere il christopher infante, era un augurio letterario. Dietro quella dolcezza, c'era del veleno da dover inoculare in qualche modo, dentro questo mondo giocoso, c'è del male. E non dico dietro, ripeto dentro. Come il cuore dell'albicocche che racchiude il cianuro. Tutto troppo violento e qualcuno, un padre, deve difendere un figlio dall'orrore. E perché non proteggerlo, preservandolo dal mondo. Muori felice con dolcezza Chris, che il mondo non è cosa per te. L'orsetto è solo un tranquillo esecutore. Non prova emozioni un pupazzo. E poi non mangia merda perchè in quel caso il Clostridium sarebbe un altro. [Tetani]

mercoledì 10 giugno 2009

Welwitschia mirabilis.

C'è a chi piace avere una visione poliedrica della donna. Ecco una spiegazione alla Trilogia delle marie. Una spiegazione forte che non si ferma al solo panettone. Duemila anni può vivere una Welwitschia mirabilis. Una tweeblaarkanniedood. Per chi non è abituato al Namib:"due foglie per non morire". Duratura è la natura che si rifugia nello scontato e banale binomio. Non biasimo i nativi, aridi da milioni di anni, cavarsela con il solito bivio, ma dalla natura mi aspettavo di meglio. Però ammetto che l'idea è affascinante, la madonna presenta una radice a fittone molto profonda che si espande in orizzontale e due foglie dall'aspetto unico, lunghe fino a cinque metri e adagiate sul terreno. Solo due foglie! Un binomio perfetto. Sono due. Insomma la madonna della natura. Osservandola superficialmente sembrerebbe un groviglio di foglie, quando in realtà dietro questa montagna vegetale ci sono solo due origini identiche, è straordinario quanto sia mistificatrice la natura. E' straordinario quanto sia semplice ridurre un concetto a due valori, come se l'esistenza fosse risolta ad un'eterna eredità di bivi, ci sono sono strade che non percorreremo mai, ci sono rotatorie infinite, ci sono vie sotterranee e non è solo una questione urbanistica. Io non mi permetterei mai di criticare in maniera negativa l'operato di madre natura, valuto certe scelte evolutive. Da un seme, due figli. Una madonna fra il bene e il male. L'intreccio delle due foglie porta forse, notevoli effetti ottici, ma il concetto che sta fra le radici della pianta rimane e non può essere nascosto. E mi fa riflettere sulla sensibilità della natura. La politica del centro mediocre crede di dare novità con questo groviglio d'idee, originate dalle stesse pretese. E all'estremità? Tutto l'arido, in preda alla sabbia. Ora riguarda l'immagine della madonna e dei suoi due figli, questa madonna può contare ben 2000 anni. La tua?

sabato 30 maggio 2009

Monica(ccianu).

"Mio amato Ambrogio.
Mia madre era su una sedia davanti al nostro Bangalow, quando stringendo la mano a mio fratello Naviglio, ha lasciato le sue ultime parole per questo mondo labile. Mio fratello ora è tranquillo, sa che mia madre ha compiuto il suo compito e che era giunta l'ora di farsi accogliere in un posto più consono alla sua persona. Ambrogio, volevo assicurarti che credo ancora nell'amore di Dio, però incominciò ad avere dei forti risentimenti verso quella spiaggia. Ostia, quanto sangue sulla battigia. Perchè tutto quest'odio? Mi ricordo quando sono scappato a Roma, lasciando mia madre sull'uscio di casa e Ostia mi ha accolto come una prostituta redenta in cerca del vero amore. E tutte volte che ho salutato triste quel lido per tornare a casa. E ora? Tutto l'amore profuso e solo violenza in cambio. Ho lasciato mia madre sulle rive di Ostia, per farne riposare lo spirito e ora l'ho persa. Per Ostia non basta, è continuamente affamata. Qualcun'altro cadrà, se non sarà la madre, il prossimo sarà il figlio[PPP] . Lasciamelo dire Ambrogio, non voglio sputare congetture di matrice pagana, ma l'amore di Dio non c'entra nulla con il sangue di Ostia. Per quanto possa piangere Tagaste, Ostia banchetterà con un altro cuore africano. E voglio essere sincero con te, Ambrogio, sono contento che Ostia si sia presa una madre, orgogliosa di un figlio. Ora tornerò in africa perchè non voglio che Ostia mi prenda vivo, voglio solo sputare su questa terra maligna."
Agostino

"Roma Ladrona!"
Ambrogio

martedì 26 maggio 2009

Madonna i Sett Porte.

Un marito premuroso tempo fa aveva portato la moglie in garage e l'aveva chiusa lì dentro, ma nel senso positivo. Ora questo garage, francese di nome ma di tutt'altra nazione il resto, fra il sudiciume e la disperazione possedeva ben 7 porte. Quindi ricapitolando il quadro della situazione, un uomo al piano di sopra, una donna e 7 porte. 7 porte. 7 porte, belle succose e ricche di mistero. 7 porte trasparenti. La donna impaurita poteva allora, guardare oltre ogni porta. La donna sconvolta dall'evento e dalla malvagità dell'uomo che l'aveva lasciata in garage decise di aprire una delle porte. La donna osservava una per una le porte e guardava ben oltre la serratura, era stupita dal fatto che il garage possedesse tutte queste porte, addirittura 7. Prese la seconda e l'aprì, però torno subito su i suoi passi. Indecisa si buttò sulla quarta l'aprì, vi entrò, ma superando l'uscio, la porta magicamente si richiuse dietro di lei. In questa stanza trovò altre 7 porte molto più grandi e molto più curate dal punto di vista visivo, ma pure sempre trasparenti. La donna questa volta aprì tutti i portoni, si sedette al centro della stanza e pensò a quale algoritmo matematico fosse legato alla scelta della stanza, dopo una lunga attesa si lanciò nella prima porta, ancora una volta la porta appena la donna varcò l'uscio, si chiuse. Presa da un'insana disperazione si mise a correre e a scegliere a caso i portoni che le si paravano davanti, dopo aver lasciato dietro di se 4 o 5 stanze, con il fiatone si risedette al centro della stanza e questa volta aspettò che il vento decidesse per lei quale porta dovesse aprirsi. Mentre la madonna attendeva, il marito tornato con l'auto nuova da regalare alla sua dolce sposina, non trovò più nessuno in garage. In compenso trovò 7 porte. Non si scompose e trovandone una aperta la richiuse accuratamente senza far rumore. Risalì le scale e andò alla tv a guardare le finali di coppa.

giovedì 14 maggio 2009

C'è posta per te.

"Ti darò una piccola regola per valutare i tuoi progressi e per renderti conto di avere ormai raggiunto la perfezione: possiederai il tuo bene quando capirai che gli uomini considerati felici sono in realtà i più infelici. Stammi bene ." Seneca. (Fine delle Lettere Morali a Lucilio)


Mi narrerò la storia di Lucilio, il leggendario destinatario delle epistole morali dell'iberico Seneca.
Lucilio non era ricco, tentava la carriera politica e scriveva anche qualche poesia però senza alcun tipo di successo, visto che era annoiato e pieno di lettere, seguiva il precetti di Seneca alla bene e meglio. Aveva una casa in campagna ed un carretto con cui portava il grano al mercato. Ora, essendo un povero uomo e volendo seguire gli insegnamenti del vecchiaccio spagnolo
: Ducunt volentem fata, nolentem trahunt «Il destino guida chi lo accetta, e trascina chi è riluttante», Lucilio prese il suo cane e lo mise accanto all'unico cavallo che trainava il carretto e passava il tempo a fissarlo mentre seguiva il tragitto verso il mercato. Il guaio era che l'esperimento era fatto male perchè il cane essendo di fronte al carretto non poteva che seguire necessariamente la marcia del carro, non volendo rischiare di lasciarci la pelle sotto una ruota. Lucilio ingenuo però, rimaneva meravigliato da come la realtà riflettesse le parole del suo maestro. Lucilio era inoltre un cultore dell'apatia. Certi giorni sedeva su una sedia e impassibile osservava il nulla, anzi visto che osservare implica un'azione, Lucilio nullificava il niente. Putroppo la storia di Lucilio è davvero breve, infatti la ragazza, lasciò il nostro eroe, ormai stanca di un ragazzo troppo noioso e di un vecchio iberico probabilmente solo e in cerca di affetto che le aveva intasato la posta con una raccolta di 124 lettere divise in 20 libri di differente estensione (fino alle dimensioni di un trattato). Lucilio, solo e disperato poco tempo dopo, si suicidò. Seneca ne fu felicemente colpito.

mercoledì 6 maggio 2009

Emmanuel Goldstein

Oggi parlerò di Andrè Maginot. Immagino che tutti sappiano chi è Maginot e di come sia bravo a tirar linee, ma in pochi sanno dell'amore di Maginot. Non era un progettista, non era un carpentiere, non era cazzo di fare soldato(per poco non si faceva ammazzare) e non amava certo i crucchi, però a venti anni vantava già una laurea in giurisprudenza. Voglio ricordarlo come un erudito transalpino! Maginot fondò una sorta di società petrolifera pubblica, uno straordinario atto di coraggio e di estrema apertura mentale. Un colpo duro al controllo globale. Al controllo del sangue della terra, l'oro nero. Perchè non abbiamo bisogno di trasfusioni, siamo veri e propri vampiri diurni, controllati da pochi transilvanici. Bene, parliamo di potere. Ho una gallina, prendo altre galline e un bel gallo e mi faccio un pollaio, onesto e oltremodo costruttivo da parte mia. Mi faccio un giro dell'isolato e c'è chi ha talmente tante galline da volere solo un uovo. Perdo le uova ma mi faccio altre galline. Tante Galline. Un gallinificio. Ora, un vicino ha un altro pollaio e vende le uova affianco casa mia. Che faccio? Mi compro le galline?Avveleno le galline? Rubo le galline? No, le galline sono sacre! Mi faccio amico con l'altro gallinista e poi lo accoltello lentamente e mi prendo da buon compagno le sue galline. E gli dedico il nome del pollaio. Il tempo passa e io divento l'unico gallinista del paese. Intanto qualche pezzo di merda scopre che con le uova si fanno delle galline. Mi preoccupo? No. Vendo galline a qualcuno per sputtanare le sue teorie oppure ammazzo l'inventore di metodi nuovi e dico in giro che le galline vengono da un altro pianeta. Fra parentesi non cambio l'informazione ma do una formazione diversa alle genti. Dopo un pò di tempo mi accorgo che le genti che rifornisco continuamente di uova, sono stanche e imbottite di colesterolo. Che faccio? Odieranno le mie galline. Pubblicità? Sconti? Galline gratis? Nono, niente di tutto questo, il sistema consumistico non si rifocilla certo di altro consumismo. Ci vuole una sana guerra. Va bene, Come far partire una guerra, meglio se psicologica(così non ammazzo clienti)?Dico in giro che qualcuno uccide delle innocenti galline. Sgomento. Indignazione. Tutti proteggeranno le proprie uova dal male. Tutti difenderanno le mie uova con le mie protezioni dal male. Cosa ho adesso?Il potere. Il potere di ridere di chi è omologato al sistema gallinaceo, di chi combatte contro di me con le stesse mie galline e ho anche il potere di ridere di me che volevo vincere il sistema per avere quanto mi bastava per vivere e ora sto covando altra merda. Ho anche troppo potere. Mi rendo conto che in realtà l'uomo di potere non vive bene. E' come un pagliaccio su un monociclo che incomincia a saltellare su quel dannato monociclio in un campo disseminato con mine antipagliaccio. Non solo deve stare in equilibrio, ma rischia anche di perderci la faccia. Perchè ho smesso di parlare di Andrè Maginot? Perchè parlo di galline? Beh, questa vi piacerà. Il vero trucco per sopravvivere è non perderci le penne, altrimenti si finisce in un calamaio.

nota:(Andrè Maginot è morto avvelenato. E' stato ucciso. Ed è passato alla storia per la linea, qualcosa di straordinario ma oltremodo inefficace.. e non per quella piccola grande lotta contro il potere petrolifero. Ti dirò una cosa bella e una brutta. Tu non sei una gallina, ma vali meno di un uovo, ti insulteranno per il resto della tua vita e purtroppo infieriranno anche sulla tua lapide. Non puoi cambiare il mondo, nè il sistema. Puoi solo diventare un pagliaccio e solo allora levarti il naso rosso.)

martedì 5 maggio 2009

La Forca.


Ci sono due fratelli, i gemelli Strand. Uno Lag da Lagging e l'altro Lead da Leading. Lag e Lead. Ripeto gemelli. Questi gemelli sono nati a Candido Godoi. Ripeto gemelli. Lag e Lead oppure Lead e Lag sono nati lo stesso giorno proprio perchè sono gemelli. Sono uguali, stessa grandezza della testa, stessa grossezza del torace, stessi capelli, stessi occhi insomma "I" stessi. Forse qualcuno guardando su google o cercando accuratamente nel proprio bagaglio mnemonico ha trovato la città Candido Godoi e si è incuriosito, ma non volevo parlare di quel fatto e non voglio premiare assolutamente la cultura di chi si ricorda dell'aborto di Weimar. Io voglio parlare di Lag e Lead. I simpatici Lead e Lag. Lead è un tipo colto, precoce, che fa tutto con estrema facilità perchè è davvero sveglio ma anche fortunato, l'alter Lag, dicono sia ritardato, ma è in realtà è molto riflessivo e oltremodo grintoso, lento ma forte e ottimista. Uno come Lag non molla facilmente. Lead e Lag corrono, ma a livello agonistico, sono due corridori professionisti. Lead spacca il mondo sui 100 m, ha uno scatto bruciante e ha anche una discreta tenuta in allungo, Lag è invece impreciso all'inizio, non si dà la giusta spinta o cade spesso in falsa partenza però recuperà presto e prende velocità in un baleno. Un baleno policromatico bellissimo, una sliding clamp, un vortice di polimeri fermi in un'indissolubile unione al moto incessante della vita. Spesso si dovrebbe fotografare questo baleno e non il traguardo. Dopo la corsa, dopo il sudore di Lag e la fierezza di Lead arriva la terminazione. La terminazione della corsa. I due arrivano entrambi nello stesso istante, non serve il fotofinish visto che è solo un allenamento e nello stadio non ci sono che loro due. Lag stremato guarda Lead negli occhi e gli dice:"Bella gara!". Lead mentre si mette una felpa risponde:"Eravamo Gemelli". Lag allora chiede:"E ora?". E ora:"Siamo fratelli."

nota: http://he.wikipedia.org/wiki/%D7%9E%D7%96%D7%9C%D7%92_%D7%94%D7%94%D7%9B%D7%A4%D7%9C%D7%94

sabato 18 aprile 2009

Libertà.

Ovviamente essere liberi in questo sistema è impossibile. Il consumismo è un sistema davvero curioso. Mi chiedo perchè bisogna andare a comprare il latte a 200 metri da casa con un 6000 cc benzina? Mi rispondo che la televisione ha sicuramente delle certezze da darmi in merito. Bakunin aveva intuito che Napoli fosse la risposta a tutti i problemi malsani del mondo, Campanella da buon calabrese aveva capito che la sila fosse un posto fantastico per abbattere le mura del sistema, Dio ha deciso che il posto più adeguato fosse l'abruzzo. In queste ore reporter meravigliati e politici preoccupati assistono alla sconfitta del consumismo. Credevo leggendo le sacre scritture che per attuare una vera e propria rivoluzione socialistica, non sociale, servisse un bel leader carismatico (look at Abe, Moses or Noah) stalvolta Dio ha interpretato il ruolo del protagonista. Un golpe alla Steven Segal. E tutti si chiedono "Come fanno queste persone a non guardare il serale di amici? Chi darà loro le copie di Al Volante o In sella? Chi porterà loro delle pizze surgelate "Pizza Ristorante"?"
E' solo la meraviglia che mi ha avvolto nel guardare delle persone libere. Libere di leggere, condividere e sognare insieme qualcosa di sincero e tangibile. Credevo che le tette, i soldi facili e la droghe avessero fottuto la testa del mondo. Non credevo esistessero certe entità, credevo che il sistema potesse prevedere anche questo, invece comincio a rendermi conto che Orwell ha sbagliato, che ci sono grossissime falle nel progetto e che Winston Smith è vivo.

mercoledì 8 aprile 2009

Laocoonte. L'abruzzese.


« Questa è macchina contro le nostre mura innalzata, e spierà le case, e sulla città graverà: un inganno v'è certo. Non vi fidate, Troiani. Sia ciò che vuole, temo i Dànai, e piú quand'offrono doni. »


E Laocoonte con un megafono si mette a correre per le mura di L'aquila, urlando ai propri compagni che una sventura avrebbe avvolto la sua gente. Non lo so se è il fato che lo vuole, oppure delle Parche ingegneristiche che hanno il fervente bisogno di spalmare del cemento caldo su tutto il gran sasso e far del massiccio un omogenea piana di lugubri edifici per "persone" che ormai hanno lasciato questa terra maledetta nel modo più raccapricciante possibile, sinceramente non lo so. E degli occhi dei loro bambini rimarrà solo una riga nelle future edizioni dei sussidiari, perchè il nostro destino è questo. Essere parte di una storia di mezzo, di non senso, di sosta in un progresso frettoloso in cui l'attesa non vale più nulla e la riflessione è la virtù dei "morti". Perchè la protezione civile? I serpenti marini che chiamerò amichevolmente Guido e Studio Aperto non hanno certo preso il libertino Laocoonte ma i suoi figli. Perchè far parte del CNR non basta. Relazioni e studi talmente innovativi da essere sorprendenti vennero stritolati nella morsa dei due mostri e un padre amorevole non può non aiutare la sua prole in difficoltà. I Serpenti portarono via Laocoonte e i suoi figli lontano dal fato. Per lasciar spazio ai Danai. E non pensate che i Danai impersonino il terremoto, i Danai sono speculatori edilizi abbracciati a politicanti e giornalisti in preda ad una masturbazione mistica.

Fanculo a voi indifferenti non di Moravia. E pace ai vinti non di Verga.

(un grazie particolare a Valerio Vetere lui sa perchè.)

martedì 7 aprile 2009

Lambda


Prime Note:
Lisogenia
. Una volta che il fago fa il suo ingresso nell'ospite, il suo genoma può integrarsi all'interno del genoma dell'ospite stesso. In questo caso, λ è chiamato profago, e risiede all'interno dell'ospite apparentemente senza arrecare danno.

Ciclo Litico. Il DNA di λ che viene espresso in questa fase genera stress alla cellula. La cellula si trova con una netta carenza di energia disponibile, tossine ed altri fattori che danneggiano la cellula fino a produrle una chiara sofferenza. In questa fase il metabolismo cellulare è fortemente alterato. Il profago si riattiva, il suo DNA viene exciso dal genoma ospite. λ riattivato inizia a produrre grandi quantità di mRNA a partire dal proprio DNA, al fine di costituire un elevato numero di unità fagiche. La membrana dell'ospite viene distrutta ed i fagi prodotti sono riversati all'esterno.



Difficile mettermi nei panni di λ. Il piccolo λ. E' la sua natura quella di illudere l'ospite di poter vivere insieme a lui in un futuro ricco di gioie per entrambi. E' la sua natura quella di pugnalare alle spalle l'ospite. Non è colpa di λ. E' la sua natura. E non ci sarà redenzione per λ, continuerà ad uccidere obbligato dalla sua natura, spesso mi chiedo perchè Berlusconi non possa fermarsi per tornare a casa sua con i suoi nipoti e godersi la vecchiaia. E' la sua natura. λ continuerà ad infondere pace per poi usare e sopprimere il suo stesso compagno come se fosse il nemico. λ non piange costruisce nuovi λ, non ha lacrime da spendere deve pensare a sopravvivere in questo mondo competitivo, non ha sentimenti perchè dopotutto è solo un microrganismo. λ ha provato dell'emozioni ma si è reso conto che il vedere la sofferenza negli occhi del prossimo non valgono tutto l'amore di una madre. λ è un uomo mancato per questo è perennemente incazzato.

venerdì 3 aprile 2009

Sciampalè


E mio fratello a quest'ora è nel pullman della CGIL alla volta di Roma, non sa neanche che significa l'acronimo, ho detto tutto, però un viaggio è un viaggio. Non ci sta nel sedile con le quelle gambe troppo lunghe per l'idea di spazio di un progettista dell' IVECO, sicuramente in questo momento augura un ictus fulminante alla vecchia compagna militante davanti che tenta di stendere lo schienale e al piccolo ragazzo con la maglietta del Che che si sta cacciando le scarpe proletarie, con le calze al vento atavico che di sinistra ha poco, ma di sinistro assaia! Ora sta tentando di poggiare la testa al vetro, ma le vibrazioni e la temperatura lo tengono sveglio sarà una notte lunga per il mio povero protagonista, ma viaggiare è bello. Il Pullman è rosso, ma è solo il caso, però non uno solo. Marcello in questo momento sta tentando di stendere le gambe, pregando che il viaggio finisca presto. Perchè il viaggio è bello quando dura poco. Marcello scende nella luce delle sei di fronte ad un liceo deserto, sulle finestre ci sono molteplici disegni colorati, simbolici e altri segni di una pubertà distorta. Marcello alle sei e dieci immagina di essere fra i banchi. La Professoressa Cuba insegna la lezione, ma Inghilterra ha appena fabbricato una pallina di carta da lanciare all'ignara e ingenua Spagna, affianco la Francia con la dolcezza che poche ragazze hanno, stringe la mano di USA e gli chiede placidamente di uscire insieme per prendere qualcosa al bar, in fondo c'è un tizio scuro ascolta la lezione attento e prende appunti, è talmente concentrato che sembra quasi innamorato. L'italia è assente? No, entra come al solito alla seconda ora.

venerdì 16 gennaio 2009

Candor.


Il Candore.

Marcello si sveglia. Marcello si lava ancora in pigiama. Marcello si sciacqua i denti. Marcello si guarda allo specchio per la prima volta. Marcello torna in camera. Marcello lascia il letto sfatto. Marcello si siede a tavola. Marcello mangia i suoi cereali preferiti. Marcello guarda l'ennesima replica di Forum. Marcello invidia gli occhi del Giudice Santi Licheri. Marcello invidia la sobrietà della figlia di Dalla Chiesa. Marcello non trova il telecomando. Marcello decide di continuare a guardare Forum. Marcello lascia la tazza sul tavolo. Marcello si avvicina al televisore. Marcello spegne la tv. Marcello trova il telecomando accanto il posacenere. Marcello bestemmia. Marcello si organizza. Marcello prende le chiavi della Panda. Marcello chiude la porta di casa. Marcello si accorge di aver scordato le chiavi dentro. Marcello fotte poco delle chiavi. Marcello scende le scale in fretta. Marcello saluta la vicina ottantenne con garbo. Marcello arriva nell'atrio. Marcello apre il portone del condominio. Marcello esce in strada. Marcello si guarda intorno. LA GENTE LO GUARDA. Marcello insieme ad altre venti persone si rende conto di avere addosso il pigiama. LA GENTE LO GUARDA. Marcello non li guarda più. Marcello torna nel condominio. Marcello lascia fuori il candore. Il Candore si guarda intorno. LA GENTE LO GUARDA. Il candore non li guarda più. Il Candore torna nel condominio. Il Candore cerca Marcello. Marcello non c'è più.

[n]: "Candor! Candor! Candor!" disse il saggio Torba a Zio Zlatko."Vestiti di Candor, Vivi di Candor, caro Zlatko, perchè di Torba ne hai poca! Brucia di Candor, caro Zlatko! Zlatko amore della mia vita non vendere il tuo Candor, muori con lui se puoi."