mercoledì 8 aprile 2009

Laocoonte. L'abruzzese.


« Questa è macchina contro le nostre mura innalzata, e spierà le case, e sulla città graverà: un inganno v'è certo. Non vi fidate, Troiani. Sia ciò che vuole, temo i Dànai, e piú quand'offrono doni. »


E Laocoonte con un megafono si mette a correre per le mura di L'aquila, urlando ai propri compagni che una sventura avrebbe avvolto la sua gente. Non lo so se è il fato che lo vuole, oppure delle Parche ingegneristiche che hanno il fervente bisogno di spalmare del cemento caldo su tutto il gran sasso e far del massiccio un omogenea piana di lugubri edifici per "persone" che ormai hanno lasciato questa terra maledetta nel modo più raccapricciante possibile, sinceramente non lo so. E degli occhi dei loro bambini rimarrà solo una riga nelle future edizioni dei sussidiari, perchè il nostro destino è questo. Essere parte di una storia di mezzo, di non senso, di sosta in un progresso frettoloso in cui l'attesa non vale più nulla e la riflessione è la virtù dei "morti". Perchè la protezione civile? I serpenti marini che chiamerò amichevolmente Guido e Studio Aperto non hanno certo preso il libertino Laocoonte ma i suoi figli. Perchè far parte del CNR non basta. Relazioni e studi talmente innovativi da essere sorprendenti vennero stritolati nella morsa dei due mostri e un padre amorevole non può non aiutare la sua prole in difficoltà. I Serpenti portarono via Laocoonte e i suoi figli lontano dal fato. Per lasciar spazio ai Danai. E non pensate che i Danai impersonino il terremoto, i Danai sono speculatori edilizi abbracciati a politicanti e giornalisti in preda ad una masturbazione mistica.

Fanculo a voi indifferenti non di Moravia. E pace ai vinti non di Verga.

(un grazie particolare a Valerio Vetere lui sa perchè.)

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