lunedì 8 dicembre 2008

матрёшка.

Titolo alternativo: f(x)

Era la sera di un novembre qualunque. Il nonno aveva fatto sedere Marcello su di una sedia mentre intanto prendeva una coperta da mettersi sulle sue fredde e vecchie membra. Il Nonno prese in mano un barattolo con su scritto "Zucchero" e chiese al piccolo che cosa vi fosse dentro. Marcello guardò in viso il Nonno e rispose con innata arroganza "Beh, Zucchero.". Il Nonno vista la risposta aprì il barattolo e disse:"In realtà qua dentro non c'è un cazzo!". Marcello sorrise e disse "Ma cosa c'entra?"e il nonno per tutta risposta:"Potrebbe entrarci qualsiasi cosa, alla fine è contenitore, è nato per contenere". Marcello contrariato chiese al Nonno cosa volesse dire, ma il Nonno non volle rispondere, si alzò in fretta, corse in cucina e si sedette su una sedia e incominciò a fissare il posacenere. Marcello preoccupato pensò che il vecchio avesse corretto l'acqua della dentiera, ma era talmente curioso che seguì il Nonno in cucina. Il Nonno prese in mano il posacenere e chiese al piccolo:"Hai mai pensato alla funzione di un posacenere?". Marcello sconvolto in viso rispose:"Funzione?Ma di che stai parlando? Che ti è preso stasera?". Il Nonno sorrise al piccolo e rispose:"Ora ho capito". Lasciò il posacenere sul tavolo e si mise a correre verso la camera da letto. Prese una piccola sveglia in mano, ma Marcello con rapidità levò dalle mani del Nonno il fragile oggetto e pretese di conoscere che cosa stava succedendo. Il Nonno non riusciva a levarsi dal viso quel ghigno fastidiosissimo. Prese la parola e disse:"Probabilmente non comprederai cosa intendo. Ma io cerchero di farti capire, perchè questo è il mio compito. Non si conosce affondo nessuno, quello che lasciamo rimane. Il tempo è il nostro nemico!". Prese di botto la sveglia e la lanciò contro lo specchio della Nonna. I due si guardarono dritti negli occhi e il Nonno tuonò:"Cosa rimane?". Il nipotino divertito rispose:"Uno specchio rotto e in futuro un'ottantenne incazzata!"


[n] Una Funzione che descrive il Noumeno di un barattolo di materiale organico farebbe venire un esaurimento nervoso anche a Schrodinger. La Funzione che descrive la funzione del posacenere farebbe venire un esaurimento nervoso al genere umano. Il tempo invece ci esaurisce. Strano. Ma possono esistere solo 3 incognite? Beh, queste sono funzioni e ogni funzione possiede in potenza anche più di una incognita. I resti di noi su un posacenere, i resti di tanti in un barattolo, i resti di tutti nel tempo. Matrioske universali. Perchè noi siamo dei detriti organici contestualizzati temporalmente. Il Nonno l'ha capito, Marcello sorride per non pensarci, la Nonna lo scoprirà.

mercoledì 3 dicembre 2008

Domande e Pretese.

Marcello nel periodo di natale soleva visitare il centrocommerciale cittadino per andare a chiedere al Babbo Natale di turno i regali di turno. Il centro era addobbato con il solito Rosso bibita, il Babbo Natale finto si grattava la pancia gonfia con la mano sinistra e si aggiustava con la destra la barba che ogni tanto crollava rovinosamente dal mento glabro. Marcello si rifiutava anche di stare fra quelle braccia sporche. Chi si era seduto su quelle maledetta membra?E il puzzo atavico di alcol misto a sudore si sentiva a dieci metri di distanza, ma alla fine Marcello si rendeva conto che un goccio non aveva fatto male a nessuno anzi, ad uno che girava con quattro renne del cazzo poteva fare solo comodo. Babbo natale con un gesto poco atletico tentò di afferrare il mio povero personaggio, ma il piccolo anticipò la mossa del Babbo con una domanda diretta:"Chi è che comanda qua dentro?". Il Babbo non esitò a invitare un intermediario nella conversazione. Era un uomo di bassa statura portatore consapevole della voce dell'alcolista. Con voce grossa rispose:"In questa bettola nulla si dimanda, ma tutto si pretende! Giovine, il tipo rosso ha Trenini, Dolci, Supereroi ma ha finito le "Risposte"...". Il piccolo incuriosito interruppe il piccolo mediatore e spiegò:"Dio lavora ben sei giorni a settimana, il tizio qua invece lavora una volta all'anno. Non sono mica Sosigene però cazzo, Dio in chiesa è sempre fuori per lavoro e il prete non vuole farmi fare una telefonata, il Babbo non fa una mazza dalla mattina alla sera, voglio sapere chi comanda qui!". Il Babbo si stampò in faccia un ghigno che pochi Babbi hanno, il piccolo intermediario guardò il viso del tizio rosso e con sfacciata sicurezza disse a Marcello:"Ottima Pretesa. Puoi andare a ritirarla in garage."


Note:[n] Le Religioni crescono mentre i portavoce si rimpicciolisco e per quanto si notino crepe in teorie e ideali, la nostra sfacciata voglia si ferma davanti alle nostre stesse futili richieste. Il tempo come i calendari continuano a dettare leggi millenarie. Per mille religioni che nascono restano una data segnata in rosso sul calendario e una pretesa da ritirare.

(per elisa)

venerdì 22 agosto 2008

Mare nostrum.

In una tarda mattinata estiva Marcello era intento a salire le scale per indossare in cameretta i suoi indumenti da spiaggia. Ad un tratto vide dalla finestra una sua coetanea sulla strada che saltellava fra le pozzanghere. Era Inanna Kur, non era del paese, ma soleva arrivare lì con la famiglia dal Nord. [1]In realtà veniva da Est ma al paese qualsiasi cosa venisse da fuori, era nordica.
Marcello colpito dal fascino della ragazza, mise male il piede sullo scalino e ruzzolò giù. Si sbucciò il ginocchio. La nonnina corse in aiuto del nipotino. C'è sempre qualcuno nel raggio di 5 m che conosce la Natura delle Cose. La nonnina consigliò al nipote un po di alcol per non fare infettare la ferita, ma Marcello non voleva assolutamente saperne. L'alcol "rosso" brucia![2]. I due con non poche difficoltà decidetterò di andare in spiaggia comunque. Il lido Kursaal[3] era ancora aperto. La sabbia scottava anche più della ferita. Il baracchino era diviso con altre 13 famiglie, quindi era sempre aperto e non vi si poteva entrare per via dei 9 materassini e le 7 ciambelle incastonate al suo interno[4]. Marcello lasciate le ciabatte sotto l'ombrellone, si lanciò in una folle corsa verso il mare mentre la nonna gli lanciò un urlo:"Corri. Il Mare rimargina le ferite!".


Note:
[1]Inanna è la divinità sumera della bellezza. I sumeri hanno fatto partire tutto. Questa storia come la storiagrafia stessa è affascinante.
[2]Quando una scala cromatica viene associata alla percezione del dolore. Da piccoli per disiffettarsi chiedevamo l'alcol "verde".
[3]Kursaal viene da "Saal" e "Kur". Casa di Cura.
[4] 9 sono le Muse. 7 sono le Corporazioni delle arti e dei mestieri fiorentini.

[n] Le piccole scottature che si hanno, scompaiono nel mare di amore di una mamma. Il mare rimargina ogni ferita. Tutto il sapere popolare condiviso con altra gente in un piccolo compartimento che è la memoria rimane aperto per l'eternità. Inanna. E' sconvolgente non so da chi sia stato tradotto ma con questo prefisso latino(in-). Quel qualcuno ha voluto lasciarci qualcosa. In Anna.

martedì 5 agosto 2008

Fons cognitionis.


Nel periodo estivo Marcello si muoveva verso il paese della nonnina. Lì, era solito frequentare il baretto. La cittadina si poteva permettere un solo Bar. Non era una legge, ma anche il buon senso a volte detta delle regole. Marcello con in mano il "Panigranu" beveva dalla fontana della piazzetta e ascoltava i discorsi dei vecchietti alle panchine."Ho Sete""E vatti a comprare na bottiglia d'acqua" "E l'acqua della fontana?" "No. Sa Brutta!". Marcello spensierato e dissetato, rimase colpito dall'entrata del Bar. Osservava. Sorrisi messi in bocca a lavoratori stanchi. Lacrime poste in occhi ormai soli. Tavolini desiderosi di giocatori che occupavano lo spiazzo adiacente al bar. Gli anni feroci in mano al tempo avevano decimato l'esercito di sportivi da sedia. Si sentivano ancora le bestemmie e l'amore per il gioco ma nessuna anima a farne da prova.Marcello vide dall'altra parte della strada due signori mentre giocavano a solitario. Marcello era incuriosito dal fatto che il solitario si potesse fare in due. Si avvicinò ad uno dei giocatori e chiese:"Ma l'acqua della fontana è buona?" "No. Non sa bella" "E sentite. Potrei giocare anche io a solitario?" "No. Non si può giocare in tre! E' solitario!". Marcello da quel momento si era reso conto che l'acqua della fontana non era buona o per lo meno non sapeva buona.

Note:
[n] La concezione di regole sa brutta. I teoremi fondamentali sanno brutti. Come il continuo e ripetitivo ricorso alla tesi eraclitea. Se tutto sapesse brutto, come cazzo dovremmo comportarci? Marcello anche se è alto, non ha proprie regole su un semplice gioco. Segue come tutti un luogo comune. Una malsana legge che in realtà non esiste. Le regole possiamo non porcele soprattutto se sanno brutte.

lunedì 7 luglio 2008

Mores Maiorum

Un freddo gelido attanagliava la piccola città. Marcello cresceva. Il tempo scorreva. E la dolce nonnina sparecchiava la tavola. Marcello osservava in salotto la libreria, in attesa del Caffè. Il nonno possedeva una copiosa collezione di testi antichi. Fra cui uno che spiccava fra gli altri. La copertina era ormai logora.Però possedeva un luminoso segnalibro. Il nonno tempo prima aveva accuratamente sottolineato una frase di P. Verri "Il dolore precede ogni piacere ed è il principio motore dell'uomo". Il Caffè era pronto. La nonna era solita macinare personalmente i chicchi. Non credeva nei prodotti confezionati. Significava per lei, saltare il passo di un cammino. Semplificare non è significativamente un verbo positivo. Si Può facilmente eliminare un primo dolore ma si consuma un secondo piacere. La nonna sorridente avvolta da un aroma intenso versò il caffè nelle tazzine. La stanza divenne di colpo satura di un'atmosfera festosa. Ogni piccola tazzina. Ogni piccolo chicco. Sconvolge il fatto che esistano bicchieri creati solo per contenere il Caffè. E che siano così piccoli. Sacri. Marcello dopo aver mescolato frettolosamente lo zucchero all'amara bevanda. Sorgeggiò la sua dose. La sua piccola quotidianeità. Un rito anche per poco, Dolce.

Note:
[n] Il Caffè dona una piccola quantità d'energia. Lo si puo disprezzare. Lo si puo definire droga. Ma il Caffè è già di per sè amaro. Sprigiona da un solo chicco una incredibile quantità di vita. Anche per poco. E' curioso. Il Caffè bisogna saper farlo! Marcello lo sapeva. E anche lo stesso Verri con il suo di Caffè.

mercoledì 18 giugno 2008

Inceptus.

Questa storia come ogni storia, incomincia. Nella grande metropoli, Marcello aveva iniziato la sua giornata con un sano e lauto pasto. Cereali preferiti. Latte Scremato nella sua favolosa tazza nuova, fiammante. Zainetto preparato dalla nonna. Tutto meticolosamente organizzato per accogliere a braccia aperte un nuovo giorno da discente. Arrivo alla fermata del Bus in perfetto orario. Entrata in grande stile nell'aula. Ma la nonnina aveva dimentato un oggetto necessario per il suo nipote. Gli Occhiali. Marcello era un ragazzo molto intuitivo. Ma per quanto comprendesse a pieno le immagini, gli effetti di luce, la straordinaria disposizione dei colori, era Miope. Necessitava di lenti per affrontare la realtà. Marcello per quanto si sforzasse non riusciva a concentrarsi e seguire la lezione. Ore su ore di difficoltà. E non ne aveva neanche colpa, visto che la nonnina sbadatamente aveva dimenticato a casa la custodia contenente gli occhiali. Marcello sfinito, dopo aver tentato di utilizzare i più disparati metodi per ascolatare la docente, decide di mollare. Lasciare la classe per tornare nel caldo di casa. Fra i vicoli serali. Marcello stanco, poggia il suo zaino logoro per terra. Marcello furioso, seguendo la falsa riga della battaglia di Roncisvalle. Falsa, perchè non aveva voglia di fare la fine di Orlando. Come dargli torto. Marcello sempre più stremato, arriva dalla nonna. Gli esausti occhi di Marcello però, incrociando quelli lucidi della donna, frenarono il loro attacco impulsivo. La nonna senza scomporsi si avvicinò al piccolo e con voce squillante ma allo stesso tempo temperata e avvolgente chiede: " 'A Vue Na Colazione? ".
Marcello non si domandò perchè si potesse fare colazione, la Sera. Marcello non si domandò neanche per quale motivo era incazzato con la nonnina. Marcello voleva gustarsi la sua colazione. Il suo nuovo inizio.

Note:
[n] La scuola è la vita. Non esistono dannati docenti. Tutti hanno da insegnare qualcosa. Non possono esistere a mio parere Gerarchie nella scuola. La scuola in questo caso, non si potrebbe definire tale. Non ci sono ruoli ben definiti. Non ci posso necessariamente essere caste chiuse. Schola, -ae era un portico dove si esponevano opere d'arte. Schola, -ae era fondamentalmente la sala d'aspetto dei bagni pubblici.La schola è "L'anticamera della merda"!
[2n^m] Nonna è Dio. Puo dare come prendere. Marcello è l'uomo. Con le sue difficoltà, con il suo continuo sacrificio. Ma Marcello è anche qualcosa di più dell'uomo. Marcello è mio fratello. Marcello è tuo fratello. Marcello porterebbe in spalla sofferenze non sue. E' alto Marcello. Marcello ha cercato ancora una volta. E questa volta ha trovato la Colazione della vita. Un Nuovo Inizio.

domenica 8 giugno 2008

Iudicium(n).

(n) Il giudizio non è solo un sostantivo. E' un processo. Ancipato da un'attenta analisi. E' sintetizzato in una critica. Ovviamente intesa come necessaria valutazione.


Era un Venerdì sera. Acete giovane universitario emiliano, aveva appena concluso una fantastica serata con i suoi compagni di facoltà. Più amichevolmente Colleghi(1). In una serata fra Colleghi c'è l'aria di Studio. Studio delle persone. Ricerca delle possibili Prede. Difesa dai possibili Predatori. Sguardi. Sensazioni premeditate miste a Risate necessarie. Consumare il pasto naturalmente offerto, senza manifestare alcun cenno di debolezza. Riservare qualunque battuta buona per affossare un possibile antagonista. Fino al termine. Riporre nel clima festoso i propri scarti in un contenitore probabilmente colorato, sicuramente posto fuori. Il più delle volte il cibo torna romanticamente nelle buste in cui era arrivato. Non amo le frasi fatte. Ma fai un nodo. Acete, quindi come da programma saluta i compagni. Pacca sulla spalla. Battuta anche poco simpatica che li accompagna per tutta la tromba delle scale fino al portone. E infine la mano che accompagna con freddezza la porta blindata della serata.
Acete appena chiude si accorge di avere anche troppi rifiuti. Per di più neanche suoi. Sedimentati ormai sul suo balcone. Volendo, potrebbe riempire tranquillamente un'altra busta con roba scaduta che non è riuscito a consumare. Ma preferisce non accrescere la copiosa quantità di immondizia. Perchè bisogna avere una certa misura in tutto. Anche nel produrre rifiuti. La raccolta differenziata non fa per Acete. Acete è un ragazzo nettamente pigro. E dorme felice con il suo balcone colmo ma ordinato. Pile di pacchi, con scarti e rifiuti. Che il giorno seguente scompariranno. Sostituite.
I rifiuti sono opinioni. Considerazioni scadute. Giudizi. Si possono riporre sul balcone in contenitori gialli, in tinta con la piantina della vicina. Ma rimangono tuoi giudizi. Per quanto ripugnanti sono tuoi. I rifiuti della raccolta differenziata non sono che luridi pregiudizi. Il Nero con il Nero. Il Bianco con il Bianco. Chiamiamole Imposizioni Standard. I giudizi posso non essere tuoi, li hai trovati e li hai imbustati. Puoi dormirci sopra. Ma in un modo o nell'altro te ne devi sbarazzare. Rinnovarli. Come dire non rimanere sempre con gli stessi. Non per cadere nell'incoerenza. Ma perchè alla lunga puzzano.


Note:
(1)Strano il fatto che Colligo,-as significhi legare letteralmente qualcosa. Unire. Fasciare passando per Avvolgere fino a Impedire. Impedire cosa?I Colleghi sono uniti da un'unica passione. Ma per raggiungere un scopo, bisogna fare a meno di qualcuno.

giovedì 5 giugno 2008

Spes.

Nota:
(n) Spes. Aiuto chiunque non avesse nè voglia di acquistare un dizionario latino, nè la voglia di ricerca perduta anni fa. Spes significa speranza. Ma non solo. Spes significa aspettativa.Spes significa Attesa. Ricordo che la maestra mi ripeteva di costruire pensierini brevi e diretti, inoltre mi piace ripetere. Spes soprattutto significa Fiducia. Una parola fantastica. Di quelle polisignificanti.




In una metropoli a me sconosciuta. Viveva un'anziana donna con un nome assai curioso. Non voglio riverlarlo perchè scatenerebbe un'ilarità non necessaria alla storia. Questa anziana signora aveva due orridi nipoti. Marcello e ***. Marcello era un ragazzino sensibile, privo di gran retorica, ma possessore di grande occhio e orecchio, l'altro, *** era un enigma. Un ragazzo forse troppo stupido per realizzarsi socialmente o forse troppo *** per essere.
Marcello seguiva insieme alla nonna tutti i telegiornali. Un'ondata di violenza imperversava nella città in cui vivevano. Marcello era sempre preoccupato, non per la sua incolumità, era troppo buono per pensare a se stesso. Guardava sua nonna. Si chiedeva come potesse vivere tranquilla. Sola. Ma la nonna possedeva un segreto. Mentre scorreva la pubblicità fra i titoli del nuovo TG quotidiano infatti, confidò al nipotino di possedere una pistola. Il Nipotino rimase per un momento attonito, ma dal quel momento si sentiva come protetto. Sicuro e libero da ogni possibile turbamento. Per qualsiasi problema sarebbe tranquillamente schizzata fuori da un cassetto, una pistola carica a proteggere la famiglia. Ma a Marcello non bastava. Marcello voleva vedere. Si fidava della Nonna. Ma non abbastanza. Sperava di trovarla, di vederla, di toccarla e di difendere con le sue stesse mani chiunque voleva offendere i proprio cari.
*** lo dissuadeva continuamente dal ricercare. Ma Marcello non ascoltava certo i soliti racconti idioti di ***. Ha ricercato, Marcello. Per ore, giorni, anni. Ha atteso. Ha sperato. Ma non ha mai trovato quello che cercava. La nonna anche prima di morire, non ha mai indicato il cassetto in cui aveva nascosto l'oggetto. Marcello però, non ha mai smesso di aver fiducia. Non l'ha mai fatto. O per lo meno non ci è mai riuscito. Marcello non ha una morale o valori su cui fondare la sua ricerca. *** è fortunamente morto. Marcello ora è grande. Marcello fortunamente ha ancora fiducia nelle parole. Che siano nascoste o meno. Spera, Attende, Cerca.

Nota postuma:
Se smetti di cercare muori. Se continui, non smetti di crescere. (Marcello lo sa bene)

martedì 3 giugno 2008

Moti Animi.



Estia aveva preso in affitto un appartamento in via D'azeglio, sopra la Standa. L'edificio era di nuova costruzione, aveva persino un balcone, su cui poggiavano vasi con gerani di un rosso brillante, ben curati che non disturbavano affatto Estia anzi, la rendevano ancora più felice per il notevole impatto visivo.
Nella sua stanza aveva un condizionatore, una scrivania, un letto a due piazze e una vetrinetta con vecchi libri appartenuti alla signora anziana che abitava la casa prima del suo arrivo. Soleva tenere la serranda del balcone chiusa. E guardava attraverso le fessure la gente, logicamente con non poche difficoltà, riusciva persino a notare le sagome che camminavano o che entravano in contatto. In Alcuni giorni di estrema caparbietà, dopo aver chiuso le tende, apriva completamente la serranda. E osservava ancora più attentamente le figure che incrociava il suo impotente sguardo. Il superficiale insomma, ma per Estia bastava e avanzava. I geranei intanto fiorivano e crescevano fino a rendere il balcone di Estia il più bello fra i pochi di Via D'azeglio.Estia non guardava la Tv. Trovava i programmi televisivi noiosi e banali. Preferiva osservare le figure nelle tende. Per altro belle tende, non le aveva scelte lei, ma le trovava di buon gusto e le lasciò appese. Guardava anche nelle finestre del palazzo di fronte. Non riusciva a notare se le figure sorridessero o meno, però studiava i loro moti sinuosi, i saluti, le cadute, gli errori. Prima di andare a letto lanciava sempre un metodico e orgoglioso sguardo alle sue piantine. Ma il destino aveva in serbo qualcosa di veramente inaspettato per Estia. La mattina seguente non trovò i vasi. Nella mente di Estia entravano in conflitto molteplici paranoie e preoccupazioni. Scaraventata nello sconforto e nella paura di aver ferito qualcuno, Estia con noncuranza aprì il balcone e vide i suoi meravigliosi vasi a pezzi sul marciapiede, con accanto i gerani calpestati dalla fretta della gente. Estia si ritrovò fuori. Estia si ritrovò nuda davanti ai condomini di fronte. Estia si ritrovò privata di quello che possedeva. Non le rimaneva che riparare in qualche modo al danno o per lo meno raccogliere in ginocchio i cocci. Estia capì quella mattina che si era esposta troppo e che forse meritava una pianta da salotto(1), da mostrare a pochi amici.

[Nota: (1) Motus animi privo di accellerazione di gravità.(n) Il Balcone di Estia è la sua stessa esistenza, vissuta con distanza. La stanza è la sua mente. La vita galleggia sulla strada, sull'universo comune a tutte le altre vite, che spesso non sono altro misere finestre. I sentimenti sono esposti e spesso non reggono. Una persona può considerarsi tale se è capace di andare a riparare al danno e non solo sostituire l'oggetto perduto. I sentimenti non si vedono, si percepiscono attraverso le tende(strumenti creati da noi stessi).Spesso ci si rende conto di averli provati solo quando si perde tutto.]

venerdì 16 maggio 2008

Auguste D.


Vità tranquilla nella campagna tedesca, birrozza, giardinetto col cagnolino, wurstel e crauti per stare in forma, ma a parte gli scherzi una simpatica panziceddra che dopotutto non stride nel quadro armonico ed equilibrato della vita della Signora Auguste. La Signora Auguste era una donna ordinata, molti pensano che in una descrizione non possa bastare un misero aggettivo per descrivere la figura di una persona, figuriamoci la sua stessa esistenza, ma in questo caso è necessario farcelo bastare e tenerlo soprattutto a mente perchè non è un aggettivo semplice nè tanto facile da ricordare...
La Signora Auguste, Auguste non è il suo cognome ma bensi il suo nome, un nome per così dire mascolino a detta di molti, ma alla fine se sei una dannata tedesca, cosa ti importa di come ti vede la gente?O come ti immagina? O come ti ricorda..
La Signora Auguste era machiavellicamente pignola, una macchina da archivio, un maledetto orologio tarato a Zurigo, si sentiva in dovere di ricordare, anche se sapeva bene che alla fine non è che un diritto, il ricordo, supplichiamo altri orecchi, altri occhi di immagazzinare informazioni sulla nostra vita, tentiamo di imprimerci in altre esistenze. Il marito Karl Deter era un ferroviere, un inguaribile viaggiatore, curioso sì, ma pur sempre tedesco, per ogni viaggio che compieva comprava delle matite, temperate nel punto giusto e sua moglie le adorava, le collezionava, le curava, non erano che matite utili per scrivere ma lei non le usava, per lei erano ricordi, imperturbabili attimi dell'iter vitae del signor Deter.
La Signora Auguste però era consapevole che delle stesse pagine non rimangono che dei caratteri impressi su carta e delle matite non ne rimane che il ricordo. La Signora Auguste come del resto il marito discendeva da una famiglia di aiatanti Bavaresi, era una donna alta e robusta, ma cadde purtroppo lo stesso in malattia, fu affidata per caso ad un dottore giovane forse burbero, ma molto promettente all'epoca, un certo Dottor Alois Alzheimer. Ironia della sorte tutti si ricordano del Medico, ma il ricordo di lei non è andato che perduto...
Forse ho ricordato fin troppe volte il nome della Signora Auguste, ma credo fermamente che il ricordo non sia solo un diritto ma anche necessariamente un dovere.

sabato 10 maggio 2008

Poi hanno paura.

Che tu pensi prendo per il culo qualcuno, allora cado nell'invettiva. Che tu poi confidi a te stesso di non conoscere il significato del vocabolo "invettiva". Che poi ti accorgi che è una delle tante insulse figure retoriche. Che poi rimani pure di sterco, quando vedi che è un' Apostrofe. Che poi si usa quando un personaggio o la voce narrante si rivolge direttamente a un altro personaggio, animale, oggetto o idea astratta. Che poi è strano. Che Apostrofe arriva da un sostantivo femminile dal greco apostrophé, da apostréphein, «volgere indietro». Che poi te ne fotte poco che sia contraddittorio.