domenica 16 agosto 2009

Il Cappellaio Matto.

"Prima l'esecuzione, poi il verdetto." L. Carroll

E allora seguendo il consiglio di Lewis vi dico subito come va a finire questa storia. Al protagonista viene tagliata la testa. L'attesa è stata creata dopo, anche un pizzico di pressione sul lettore è stata inventata più tardi, lo stesso colpo di scena per far riprendere i più annoiati è arrivato dopo, come del resto il socialismo o il comunismo. Bene, ora passiamo al verdetto. Babeuf, Gracco Babeuf è stato forse il primo matto di tutti i tempi, c'era gente d'anni dopo l'avvento del mio protagonista che non si faceva aiutare neanche durante l'incoronazione [vedi Napoleone], lui invece, già dalla più tenera età si cingeva da solo il capo con enormi cappelli, cappelli mastodontici. Ma molti si chiedono, perchè un tizio con un bel cappello doveva essere decapitato? Beh, semplice Gracco Babeuf era un protocomunista. Lui, in realtà non sapeva neanche cosa significasse comunismo, visto che l'aveva inventato inconsciamente. Non era lungimirante, non era un veggente o un ribelle da quattro soldi, era solo completamente matto. Credeva che la proprieta privata fosse una piaga e che tutti dovessero vivere con gli stessi diritti e doveri, insomma da come avete più che ben capito un folle con i contro fiocchi. Istituì un gruppo di folli a cui diede il nome di eguali, vista l'esigue fantasia incominciò a chiedere in giro un bel soprannome, arrivò anche a farsi chiamare "Tissot".

«Ma io non voglio andare fra i matti», osservò Alice.
«Be', non hai altra scelta», disse il Gatto «Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.»
«Come lo sai che sono matta?» disse Alice.
«Per forza,» disse il Gatto: «altrimenti non saresti venuta qui.»


Non si parla del cappellaio matto nei libri di storia, è finito in un libro di fantasia di uno scrittore accusato di pedofilia. Sono tutti dannatamente attaccati al Bianconiglio, al tizio che corre più veloce degli altri, come nell'atletica, dove nessuno si sofferma sull'eleganza della marcia, esistono solo i cento metri piani. E in fin dei conti meglio seguire Napoleone che è più eguale degli altri.

domenica 9 agosto 2009

Il Cocciuto

Tutto incomincia a nord dell'Anatolia, nella terra del Ponto, in quelle terre meravigliose affacciate sul mar Nero. Il Ponto era retto dal Re Mitridate, audace condottiero prototurco, addirittura soprannominato il Grande. Su Mitridate sono stati scritti drammi, canzoni e copiose falsità. Questa è la verosimile storia del pontico per eccellenza. Mitridate è stato forse il primo testardo della storia del tempo e dello spazio. Mitridate non aveva donne, cibo, elefanti o automobili alla moda, aveva una sola passione: dichiarare guerra a Roma. Guardava oltre il mare del Ponto e pensava all'arrivo a Roma nelle spire della gloria, sognava di dormire con il tevere, pensava di parlare con Enea o addirittura di essere immune ai veleni di questo mondo più che fisico. Non c'era momento propizio per non dichiarare una non-guerra a Roma. Ogni istante era buono per attaccare una milizia imbattibile. Non c'era minuto che Mitridate non pensasse di usare per combattere Roma. E dopo la prima, la seconda e anche la terza cocente perdita, non mancava di riprovarci, di ritentare. Ci sono solo fallimenti migliori. Ci sono gioie, ma non servono per diventare perfetti. Ci sono guerre, ci sono sconfitte e Mitridate pensava solo a quelle. All'elmo scalfito, alla cicatrice, i segni indelebili della perfezione, dell'infinito. Mitridate è un modello da seguire, è la sconfitta fatta uomo. Mitridate aveva inteso che battendo Roma lui sarebbe finito, non in quanto uomo, ma in quanto figura. Il Mitridate-sostanza doveva perdere per esistere. Arrivato a Roma si sarebbe fermato è questo non sarebbe stato corretto verso il Mitridare-forma. Mitridate si rese conto che le vittorie non esistono, le certezze non superano i Dardanelli. Le sconfitte sono la vera sorgente, dove abbeverarsi. Si dice che Pompeo l'abbia trovato morto, pugnalato mentre i membri della sua famiglia erano rimasti avvelenati. Che fine ha fatto Mitridate? E' all'inferno. Ma è felice di poter dichiarare guerra al Paradiso.

domenica 2 agosto 2009

L'arcidiavolo.

L'arcidiavolo spesso all'inferno, si dilettava nel navigare su siti di commercio virtuale, quando tempo fa nell'era del cancro scovò fra le varie offerte globali una Ritmo Cabrio Diesel da 1.714 cc con pochi km all'attivo. Visto che l'auto non poteva essere spedita in un sito afisico, dovette vestirsi da uomo, per scendere sulla terra, abiti come Guittone d'Arezzo o Brunetto Latini erano fin troppo antiquati per la nostra epoca così optò per un completo sportivo come quello di Cristiano Cristiani, anche per sviare qualsiasi dubbioso fedele. Premetto che il racconto è spinto, ma indignarsi non è un diritto e nè un dovere, il lottare per una fede è violenza, accettare un idea è amore, è un clima sereno per nuvole timide. L'arcidiavolo vestito, prese il primo volo per la terra e si fiondò sulla sua nuova macchina. Aprì la portiera ma vide subito che mancavano tutti i sedili, si voltò verso il furbo venditore e chiese:"Ma i sedili?". Il venditore rispose:"Io vendo macchine mica accessori". Il diavolo incominciò a sorridere e riprese:"Ma io sono il Diavolo". Il venditore:"E io sono Dio!". Allora l'arcidiavolo fece un passo indietro, si svestì e mostrò zoccoli, occhiaie, gomito da tennista e tutto quelli che si addice ad un buon angelo antico. Il venditore si appoggiò al suo veicolo e riprese:"Senta, ci sono shintoisti e testimoni di geova che hanno fatto molto meno per una Marea Station Wagon, non credo a questi travestimenti. Mo', secondo il suo modesto parere, Satana viene a comprare da me un ritmo cabrio?" Satana risponde sconsolato:"C'è crisi".